Ho accumulato qualche libro a cavallo di febbraio e marzo, quindi ho deciso di metterli tutti insieme in un unico post (cerco di essere il più breve possibile, prometto…!)
Inizio da uno dei miei scrittori italiani preferiti, ovvero Domenico Starnone con Lacci, edito da Einaudi. Si tratta di una storia dolorosa, la fine di un matrimonio, iniziata negli anni ’70 quando Aldo lascia la moglie Vanda ed i due figli piccoli, Sandro ed Anna, per mettersi insieme ad una ragazza 19enne. Il romanzo è abilmente diviso in tre parti: nella prima, il dolore di cui vi parlavo prima è di Vanda, che si esprime attraverso una rabbia (affatto nascosta) che possiamo leggere dalle lettere che scrive e manda ad Aldo. Esce fuori in modo vulcanico, senza filtri, uno scatto di un animale ferito e sanguinante, che oltre a subìre e vivere il distacco (ed il tradimento) si trova, da solo, a dover crescere i propri cuccioli. Nella seconda parte, il punto di vista è quello di Aldo: le sue insicurezze, dapprima incanalate nella vita famigliare, diventano man mano esclusivamente personali, individuali, tanto da fargli decidere di tornare dalla moglie, dopo 4 anni, per passare il resto della loro vita insieme. Aldo, però, fa ritorno non in quanto marito: accetta la condizione di prostrazione, quasi di subalternità e sudditanza per via della sua colpa ancestrale, ossia l’aver distrutto tutto e tutti, figli compresi. La parte finale è dedicata ad Anna, la figlia più piccola, che riassume in sè e nel fratello (ormai entrambi adulti) quei 40 anni di storia genitoriale, dimostrando quanto una separazione possa pesantemente influire nella definizione di essere umani.
Passiamo a Gli anni al contrario di Nadia Terranova, edito sempre da Einaudi. Anche questo romanzo ha come sfondo i famigerati anni Settanta. Mentre nel libro di Starnone il contesto fa veramente da sottofondo alla vicenda dei protagonisti, qui la lotta armata è continuamente presente, se non invadente nella vita di Giovanni ed Aurora. Di famiglia comunista il primo e fascistissima la seconda, i due si incontrano all’università, si sposano ed hanno una bambina, Mara. Anche in questo caso, è il protagonista maschile a sentirsi terribilmente inquieto, in una Messina che però è molto lontana dai fatti di Roma e Bologna, centri nevralgici per gli scontri politico-sociali del tempo. Giovanni non ce la fa, sfrigola internamente, vuole essere parte attiva di quella lotta che si trasforma poi in terrorismo, ed offre il suo aiuto al suo amico che terrorista lo diventa davvero, lasciando più volte Aurora e Mara. Ma lo sfrigolamento non cessa, anzi: ad un certo punto non ne può più di tutta quella libertà riconquistata, come neanche delle costrizioni borghesi e famigliari – arrivate, forse, quando erano entrambi ancora troppo giovani. Allora Giovanni trova conforto nella droga, in quel suo perdersi ed annullarsi in essa, ma prova anche ad uscirne fuori, per sua figlia, che arriva a conoscere grazie ad uno scambio epistolare quando lui si trova al centro di disintossicazione. La inizia a conoscere quando però è troppo tardi, perchè l’Aids ha già fatto parecchia strada in lui. Credo che leggere Starnone prima di questo romanzo non abbia giovato alla Terranova: se in Lacci si viene sommersi ed inondati dai sentimenti dei personaggi, in lei questa vicenda di amore e separazione scorre come una cronaca qualsiasi, priva di emozioni, asciutta nello stile di scrittura così come nei due che la vivono. Probabilmente, di Giovanni ed Aurora, mi è mancata l’anima.
I colpi dei sensi di Erri De Luca (Fahrenheit 451) e Sotto il sole giaguaro di Italo Calvino (Mondadori), sono due raccolte di racconti sui sensi: 5 nel caso del primo e 3 nel caso del secondo – l’Idea di Calvino era di farne anch’egli cinque, ma purtroppo non ha fatto in tempo. Quelli dello scrittore napoletano sono in puro stile algido, possiamo notare la sua origine e la sua determinazione – ribadita peraltro nell’introduzione – di lasciarli al nipote, forse come eredità narrativa, così come la fortissima sensazione di una scrittura profondamente legata ai ricordi. Più “magici” (passatemi l’aggettivo) quelli di Calvino, con riferimenti a generi letterari ben specifici: il primo, sull’olfatto, sembra un romance che termina però quasi come un horror; il secondo, sul gusto, usa il viaggio in un Paese straniero come pretesto per un’analisi sul rapporto di coppia; il terzo, sull’udito, risulta quello più regale, in quanto ci lascia immergere nelle profondità di un palazzo, nelle sue segrete e nella rumorosa solitudine che affligge la mente del principe che lo abita.
L’ultimo libro è questo Scrivere è un tic di Francesco Piccolo, edito da Minimum Fax: una sorta di prontuario-raccolta in cui vengono elencati, capitolo per capitolo, metodi ed abitudini della vita da scrittori, attraverso le dichiarazioni di alcuni fra i più famosi – dichiarazioni appuntate metodicamente dall’autore, a mano, su post-it e foglietti di carta conservati negli anni. Vengono perciò raccontato cosa vuol dire fare lo scrittore ‘di mestiere’, i metodi che si usano, quanto conti la riscrittura, la disciplina, la ritualità, la solitudine, il luogo in cui si scrive, il vero lavoro degli scrittori, le preferenza tra la penna, il pc e la macchina da scrivere e quanto sia importante, durante la giornata, ‘perdere tempo’. Mi sento di consigliarvelo, se vi capita di trovarlo usato o in ebook, perchè è veloce da leggere e molto carino nel far scoprire qualcosa in più di grandi scrittori quali Follett, Allende, Eco, DeLillo, Gadda, James, Calvino, Carver.
Vera