#Racconti – Intuizioni

Non smetterò mai di ringraziare Black Coffee. Anche solo per aver portato in Italia Alexandra Kleeman – il suo Il corpo che vuoi, primo titolo di questa splendida casa editrice fiorentina, è un romanzo postmodernissimo su tematiche e problematiche assolute del nostro tempo come la comunicazione, il cibo, le relazioni, il corpo femminile, tutte legate tra loro in un modo che arriva a essere ossessivo e disturbante.

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In questo suo secondo lavoro (per pubblicazione, perché questi racconti precedono per scrittura Il corpo che vuoi), Intuizioni, la Kleeman ci propone una raccolta di racconti: sono in tutto 12, divisi in tre parti. Nella prima troviamo l’arrivo nel mondo non tanto come esperienza di nascita quanto come arrivo in una situazione già formata, con cui dobbiamo averci a che fare; nella seconda si parla di quello che possiamo fare una volta adattati a questa situazione e accettato questo mondo, mentre la terza e ultima (ognuna di queste tre parti conta quattro racconti) riguarda la fine delle cose, non nel senso stretto di morte ma nella possibilità di affrontare questo nuovo orizzonte che ci si profila dinanzi. Insomma, avete capito bene: si tratta di una vera a propria prova di esplorazione del corso dell’esistenza dell’uomo, come viene giustamente scritto nella quarta di copertina. Mica roba da niente.

L’autrice dice che a rileggerli, tutti questi racconti, le sembra di averci messo all’interno la propria autobiografia, quelle innumerevoli versioni di sé infilate tutte assieme per cercare di raccontare le trasformazioni che l’hanno riguardata. E mi viene un colpo a pensare che potrebbe davvero esserle capitato qualcosa di simile di quello che viene narrato nei primi due racconti, Favola e Cena di aragosta – che sono peraltro quelli che mi sono piaciuti di più -, perché nel secondo la protagonista, Lucy, si trova in vacanza al mare quando sulla spiaggia davanti a lei vede una distesa di aragoste morenti:

Le aragoste giacevano ammucchiate a terra, prive di vita, non più un pericolo per noi. Giacevano ammucchiate a terra e i loro gusci non erano né marrone né rossi né azzurri, ma del colore degli occhi, tuoi e miei. Le avevamo mangiate per distruggerle, ma dai carapaci vuoti, intatti, all’improvviso si era levato un mormorio. Erano le voci morbide, sibilanti delle aragoste, e le parole erano come aria che fuoriesce da una gomma bucata. Le avevamo mangiate per distruggerle, ma adesso ci sentivamo tristi, vuoti, sazi fino alla nausea.

Sembrerà un inizio strano, questo, lei che ci racconta un dettaglio, un qualcosa di noto a tutti che potrebbe passare inosservato, ma man mano che ce lo mostra con le parole, si addentra nella sua morfologia, nel suo dna, facendolo divenire un qualcosa affatto ordinario ma anzi, quasi tendente al minaccioso – un qualcosa di vuoto e distrutto che all’improvviso però mormora, dopo che lo abbiamo divorato e distrutto, facendolo sembrare resti di cibo inerme, arreso a noi e alla nostra volontà distruttrice, mentre invece sta semplicemente fermo lì, ad attendere. Attendere cosa, penserete voi – sono aragoste spiaggiate santo cielo. E invece no: aspettano il momento giusto per ribellarsi, aggredirci e infine ucciderci, mentre Lucy per difendersi arriva a morderne una di aragosta, quasi come se volesse divorarla viva, nuda e cruda. Se ci riflettete, è una scena oltremodo agghiacciante: una sorta di ‘tranquillo weekend di paura’ in cui appena posi l’occhio su qualcosa, questa si ingrandisce fino a sovrastarci, inghiottirci. Che poi è esattamente quello che fa la Kleeman con la sua scrittura, visto che un minuscolo dettaglio arriva a occupare pagine intere: “scrivere è come avere il controllo di una macchina da presa:”, afferma lei, mi piace puntarla su qualcosa che di solito non verrebbe ripreso, ingrandire un particolare insignificante sullo sfondo e portarlo in primo piano, così che tutti siano obbligati a prestarvi attenzione. Solo allora diventa misterioso”.

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Alexandra Kleeman – foto da http://www.edizioniblackcoffee.it

Per non parlare poi di Favola, il primo racconto, in cui la protagonista aspetta, davanti a una tavola imbandita in compagnia dei suoi genitori, gli aspiranti fidanzati, che uno alla volta suonano al campanello di casa, come se stessimo guardando un date-reality in cui dopo momenti di tranquillità e riverenza all’improvviso accade qualcosa di eclatante, che non ci aspettiamo affatto – e puoi aspettarti che uno dei pretendenti voglia ucciderla?

“In Intuizioni volevo che i personaggi commettessero gesti estremi, ma che visti da vicino si rivelassero come azioni plausibili, prodotto di tutti i momenti di sospensione che viviamo”. Sospensione, sì, o anche pericolo. Quel pericolo che si annida nella nostra quotidianità e di cui non ci accorgiamo finché qualcuno punta il dito per farcelo notare. Qualcuno, appunto, come Alexandra Kleeman.

In chiusura, un piccolo ringraziamento alla traduttrice, Sara Reggiani, e al suo enorme, enorme, enorme lavoro.

Vera.

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